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Cosa vuol dire per te essere scrittore ai tempi del Corona Virus?

Diciamo che la scrittura, per quanto possa essere uno sfogo, a volte viene messa in secondo piano da lavoro, preoccupazioni e situazioni contingenti. Si cerca sempre di pensare al meglio, di dare sfogo alla fantasia, ma non sempre è semplice e se si riesce – almeno per quanto mi riguarda – al momento si predilige dare voce a storie da scrivere che abbiano in sé meno truculenza/violenza e tragicità e più speranza.

Nel tuo romanzo, racconti di una società che è profondamente mutata, nella quale chi è rimasto, deve continuamente lottare per sopravvivere, o deve fare i conti con la tecnologia che avanza, nuove regole a cui sottostare ed universi paralleli.

Ti saresti mai aspettato, in un certo senso, di ritrovarti all’improvviso in una situazione simile? 

Non l’avrei mai immaginato, lo confesso. Avevo sentito di Bill Gates che nel 2015 aveva teorizzato il possibile avvento di una pandemia come unico motore di destabilizzazione per l’attuale situazione mondiale.

Be’, la mia storia nasceva da un’idea personale legata più che altro ai miei studi universitari e al mio lavoro di medico.

Ora purtroppo che ci si trova in mezzo a una pandemia, di certo vedo e sento cose che vorrei non vedere o non sentire e, per quanto da una posizione molto privilegiata, trovo amici e colleghi che fronteggiano una situazione disperata che tuttavia non è scoppiata all’improvviso, ma che è stata perpetrata da anni di cattive gestioni politiche.

Secondo te, quanto pensi che questo periodo di particolari restrizioni, influenzerà la società nei prossimi mesi? Cosa subirà maggiori cambiamenti?

Spero vivamente che tutto ciò influenzerà un profondo cambiamento nell’essere umano in senso lato, che questa situazione faccia breccia nella nostra arroganza di sentirci sempre onnipotenti e superiori a tutto, invincibili di fronte anche alle sfide più ardue.

Spero che si cambi il modo di pensare, di vivere e di convivere con le altre persone. Che magari si smetta di pensare unicamente al dio denaro e che si inizi a dare più importanza a tutto ciò che finora abbiamo avuto come privilegio, vivendo in un paese sviluppato.
Sono conscio della fantasticheria romantica e probabilmente irrealizzabile della mia convinzione, ma mi auguro di non trovarmi di fronte ancora una volta a un’illusione.

Sei uno scrittore ed ora sei costretto a stare a casa, in che modo questo influenza il tuo rapporto con la scrittura? Riesci a dedicargli più tempo?

Come detto precedentemente, purtroppo avere molte preoccupazioni influenza in maniera negativa la scrittura, al momento. Non è detto che non scriva assolutamente in questo periodo o che scriva molto meno, ma di certo la mia fluidità e la mia abbondanza di scrittura hanno subito una battuta d’arresto.

In due parole scrivere per te è…. 

Sognare e sperare.

#iorestoacasa è il motto del momento, cosa ti senti di suggerire ai lettori e non per stare in casa? 

Restate a casa, sfruttate il tempo che avete a disposizione per fare cose che normalmente non fareste.

Leggete, scrivete, guardate un film o una serie TV, trascorrete del tempo insieme alle persone cui volete bene, parlate con chi può farvi sentire meglio, tenete a cuore le persone che sono sole, giovani o anziane che siano e pensate agli altri soprattutto perché uscire di casa – ed è il medico che c’è in me a parlare – è sempre una possibilità per contagiarsi o per contagiare, quindi facciamo uno sforzo tutti insieme, uniamoci in questi momentanei sacrifici, per riuscire a riguadagnare presto tutte le nostre piccole, preziose libertà che ora sono privilegi che non possiamo e non dobbiamo permetterci per il nostro bene e per il bene delle persone che ci circondano.

Raul Londra è l’autore del romanzo L’Incubo di Borel

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